
Qualcuno sostiene che il bosco della prima foto sia abbandonato, e che quello della seconda sia curato col taglio colturale.
C’è un grosso equivoco, e balza subito agli occhi.
Infatti il primo è un bosco che si è liberato dallo sfruttamento, mentre è il secondo il vero bosco abbandonato.
Tagliare il bosco ogni 20 o 30 anni, senza curarlo nel frattempo con adeguate risorse, si chiama TAGLIO DI RAPINA. Non è una mia espressione forte, ma una definizione tecnica che si trova sui manuali universitari di selvicoltura.
Mentre un tempo il governo a ceduo prevedeva cure colturali (tramarrature, margotte, piantagioni, diradamenti e sistemazioni viarie), oggi si taglia a raso e si abbandona.
Lo stesso TUFF (legge nazionale in materia di foreste e filiere forestali) sposa questo equivoco, definendo “abbandonato” il ceduo oltre un’età pari al turno più la metà di esso. Per la legge, “coltivare” , “gestire” e “tagliare a raso” sono praticamente dei sinonimi.
Ogni selvicoltore dovrebbe sentirsi leso nella propria dignità professionale a sapersi rappresentato da una tale definizione di selvicoltura.
Spero che questa disciplina riacquisti l’onore e la reputazione di un tempo, espellendo dai propri manuali queste pratiche improponibili, e tornando a farsi nelle aule accademiche. Oggi infatti si fa selvicoltura più che altro negli assessorati delle regioni, e questo non aiuta la disciplina a stare al passo con le esigenze ambientali del tempo.
Una risposta
Grazie per quanto scritto