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Restituiamo il favore alle foreste e agli alberi

 

Dobbiamo ringraziare le foreste perché senza di esse:

  • l’umanità non sarebbe esistita per mancanza di ossigeno
  • l’umanità non sarebbe sopravvissuta senza il materiale e il calore ottenuto dal legno.

 

Dopo decine di migliaia di anni di utilizzo sempre più intenso delle foreste da parte dell’uomo, è giunta l’ora per l’umanità di ricambiare alle foreste la cortesia che ci hanno fatto.

Dobbiamo rendere la cortesia non per un generico sentimento di amore verso la natura ma perché, arrivati a questo livello di cambiamenti climatici, se vogliamo sopravvivere possiamo fare solo due cose:

  1. diminuire le emissioni di CO2 in atmosfera
  2. proteggere le (poche) foreste rimaste e ogni loro singolo albero, dato che ogni albero è costituito per metà del suo peso da Carbonio proveniente dalla CO2 atmosferica assorbita nei decenni dall’albero stesso.

 

Sul primo fronte da anni si invitano persone e aziende a ridurre i consumi di moltre materie prime, ad esempio limitando gli orari di accensione dei riscaldamenti o migliorando i processi produttivi, e non si capisce perché non debba esserci anche una limitazione al consumo di quella materia prima che è il legno.

Sul secondo fronte, purtroppo, avendo considerato il legno “materia prima rinnovabile”, negli ultimi anni si è andati in direzione opposta invogliandone il consumo. La produzione di legna da bruciare per produrre elettricità è addirittura tutt’ora sostenuta economicamente con aiuti di Stato pagati con le tasse di tutti noi. 

Quanto sia oggi davvero “rinnovabile” il legno è tutto da dimostrare perché non è affatto certo che, con il cambiamento climatico in atto,  gli alberi continueranno a ricrescere con gli stessi ritmi, quantità e qualità cui siamo storicamente abituati.

Oggi potremmo addirittura smettere di tagliare alberi perché il legno non è più insostituibile per la sopravvivenza dell’umanità, infatti abbiamo imparato a produrre materiali sintetici e, negli ultimi decenni, ad estrarre energia dal sole, dal vento e, perfino, dalle onde e dalle correnti del mare.  Una riduzione dell’uso del legno potrebbe essere un giusto compromesso, specie in Italia dove l’80% del legno tagliato è destinato ad essere bruciato e quindi a reimmettere in atmosfera tutta la CO2 lentamente accumulata nei decenni.

Ovviamente c’è tutto un mondo economico dietro alla produzione di legno e legna ed è impossibile non tenere ciò in considerazione, ma siamo al punto in cui dovremo fare scelte dure ma inevitabili, e riconvertire interi settori economici ad attività meno impattanti sul clima e quindi sulla vita di tutto il pianeta.  

La Costituzione Italiana legittimerebbe questi cambiamenti perché all’art. 41 recita che “L’iniziativa economica privata è libera. Non può svolgersi in contrasto con l’utilità sociale o in modo da recare danno alla salute, all’ambiente, alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana.” Non è difficile vedere quanti danni alla salute e all’ambiente fanno molte attività economiche attualmente (ancora) in voga. Tra questi danni, il contribuire ai cambiamenti climatici è forse il più grave, seppur poco individuabile direttamente.

Purtroppo chi guida la politica e le lobby economiche e, soprattutto quelle finanziarie, sembra non avvedersi del pericolo mortale cui stiamo andando incontro, altrimenti non si spiega la stupidità del continuare a fare scelte che non contemplano alcun cambiamento davvero profondo del modo di vivere e di produrre. Eppure, nel passato la sociètà umana ha già scelto di sottoporsi a cambiamenti che hanno provocato traumi economici, basti pensare alle conseguenze economiche dell’abolizione della schiavitù. Oggi dobbiamo essere in grado di fare altrettanto, ma molto in fretta.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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