Inizia oggi su questo blog una interessante rubrica letteraria. Si tratta di brevi articoli che raccontano di come i boschi siano stati “visti” e interpretati nella letteratura. Il primo è di Marina Franchi che ringraziamo. Chiunque può inviare i propri testi a info@fondoforestale.it
Italo Calvino nacque a Cuba nel 1923, figlio di un agronomo e di una botanica. Quando Italo aveva due anni la famiglia si trasferì a Sanremo.
Nel 1957 Calvino scrisse un libro che venne pubblicato nello stesso anno, “Il barone rampante”, ambientato nel 1700. Il protagonista è un bambino, Cosimo, che disobbedisce al mondo degli adulti, lo rifiuta. Dice “no e poi no!” al piatto di lumache che gli viene servito ma in realtà dice no a quel mondo e a quella società. Sale su un albero, e dagli alberi non scenderà più, nemmeno in punto di morte. Si aggrappa alla corda di una mongolfiera e vola via nel vento, verso il mare.
Il bosco copriva allora gran parte del continente quindi Cosimo non vive isolato e fuori dagli avvenimenti storici.
Passando da un ramo all’altro il ragazzo viaggia, si innamora e ama, partecipa alla vendemmia, legge Tacito e Ovidio ma anche Rousseau, Voltaire e Montesquieu, gli scrittori rivoluzionari del ‘700, fa amicizia con i briganti, viene informato circa la Rivoluzione francese e conosce Napoleone.
Cosimo vive anche l’annata della siccità e l’incendio dei boschi appiccato dai malviventi. Per un periodo sugli alberi vivono anche gli esuli spagnoli perché, essendosi ribellati a Carlos III, non potevano “toccare il suolo” in quel territorio ed era loro concesso solo stare sollevati da terra, sugli alberi.
Quindi il bosco diventa il luogo della disobbedienza e della conoscenza ma anche della coerenza perché Cosimo resterà sempre fedele ai suoi principi senza tuttavia rinunciare a vivere fra gli uomini e nella storia.
Ma quali alberi popolano il bosco ligure in cui il ragazzo-uomo-vecchio mangia, dorme, legge, chiacchiera con amici e nemici? Olivi, ”piante pazienti e amiche”, il fico, il sorbo e i gelsi da more, i noci e i lecci, platani, faggi e querce. Il pino e il castagno no, perché hanno troppe spine.
2 risposte
Spero che questa rubrica abbia un seguito, magari con “Il segreto del Bosco Vecchio” di Buzzati.
Grazie per l’articolo.
molto bello l’articolo è la recensione.
grazie.