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LE Matino

COD: A0022

A0022

Il boschetto neonato, i cui primi alberelli sono stati piantumati nel dicembre 2022, sorge in un terreno di 4200 mq rimasto incolto per quasi dieci anni e completamente privo di arbusti o alberi. Se si vuole, rappresentava una waste land (una “terra desolata”, per prendere in prestito il titolo della poesia di T. S. Eliot) come tanti altri lotti di terreno agricolo che in numero sempre crescente versano in uno stato di abbandono o di cattiva gestione, accelerando il processo di desertificazione del Salento. Una terra desolata, dunque, che però mi ha dato l’opportunità – chi scrive è una delle due proprietarie, Valentina – di dare principio a un progetto di micro-forestazione a base di olio di gomito e concessione di piantine dell’Agenzia Regionale per le attività Irrigue e Forestali (ARIF Puglia). Le prime piantine messe a dimora sono tutte specie autoctone e a basso fabbisogno idrico quali pioppi, bagolari, una quercia vallonea e un corbezzolo; nelle successive piantumazioni proverò ad introdurre altre specie arboree quali frassini e querce, e alle piante d’alto fusto si aggiungeranno anche arbusti come il lentisco e il viburno.

Il terreno era stato inizialmente acquistato dal nonno, Antonio Lezzi, nella fase più avanzata di dissoluzione del latifondo. Questi apparteneva a quella generazione che aveva finalmente realizzato il sogno che era stato di migliaia di braccianti meridionali fino alle due Guerre Mondiali: possedere la terra in cui si lavora e coltivarla per sé e per la propria famiglia.

Tuttavia, saziata la fame atavica di terra e venuta meno quella generazione, i piccoli e medi appezzamenti di terreno della provincia sono spesso stati lasciati, come già accennato, all’incuria. Tuttavia, la crescente sensibilità per le tematiche ambientali che in anni recenti ha animato i movimenti giovanili e la società nel suo complesso apre alla speranza di un’inversione di tendenza, e forse proprio dai piccoli e medi appezzamenti e dall’iniziativa privata può venire una nuova stagione di valorizzazione delle campagne.

La rinnovata consapevolezza dell’importanza della difesa dell’ambiente rappresenta d’altro canto una delle ragioni che sostengono questo progetto di micro-forestazione. I benefici materiali e misurabili che derivano dalla coltivazione degli alberi sono, com’è noto, numerosi. Gli alberi, infatti, nutrono il suolo e ne regolano umidità e temperatura; offrono ricetto a molte specie animali – insetti, uccelli, piccoli mammiferi – e difendono la biodiversità; assorbono la CO2 presente nell’atmosfera e intervengono con un’azione purificante anche nel ciclo dell’acqua. E l’elenco potrebbe continuare. In misura uguale e contraria, gli effetti della desertificazione sono altrettanto concreti e misurabili nella loro dannosità, anche dal punto di vista dell’economia locale e della qualità della vita.

Pertanto, il progetto di micro-forestazione appena avviato vuole dare un piccolo contributo in direzione della difesa dell’ambiente. Per quanto modesto e circoscritto in sé, esso può assumere un valore più ampio proprio perché inserito nella rete del FFI. Una piccola tessera, insomma, inserita in un mosaico dal disegno molto più rilevante e significativo.

Non è forse inopportuno aggiungere qualche considerazione relativa alle ragioni di ordine più personale che sostengono questa iniziativa. Essa rappresenta, infatti, una forma di fedeltà a un sogno d’infanzia: quello di avere un bosco tutto per me. Crescere in un’area rurale piuttosto arida significa conoscere il bosco quasi esclusivamente per mezzo di fiabe e film d’animazione. Così, l’immagine di boschi e foreste, di per sé fortemente legata ad atmosfere fiabesche, finisce per essere indistinguibile dal mondo della magia e del folklore. Questo ha prodotto una sorta di “logica fantastica”: «non ho mai fatto esperienza di nulla di magico solo perché qui non ci sono boschi. Se ce ne fossero, potrei andare all’avventura e incontrare fate, mostri, prodigi e portenti eccetera eccetera.

Dunque mi serve un bosco: se non c’è, bisogna farlo». Il sogno del bosco e la passione per il folklore sono cresciuti insieme a me, arricchendosi di motivazioni ambientaliste, civili, sociali e – in senso lato e laico – spirituali. Ad esempio, piantare degli alberi e con essi ricucire cielo e terra si è rivelato una buona strategia per affrontare un grave lutto. Progettare un bosco che, si spera, vivrà per molti decenni a venire, forse secoli, consente inoltre di vivere la dimensione della temporalità in maniera meno individualistica e meno esposta alla frammentazione data dalla fruizione immediata, quasi istantanea di beni, servizi, talvolta anche rapporti cui siamo abituati. E ancora, accanto a queste motivazioni, vi è la convinzione che sottrarre uno spazio allo sfruttamento economico non debba necessariamente equivalere a generare una “terra desolata”, ma possa servire invece a ripagare il debito che noi tutti abbiamo con la Natura. A questo proposito si potrebbe ricordare come proprio dal folklore venga un insegnamento importante: in molte fiabe popolari, infatti, gli atti di pietà da parte del protagonista verso la Natura (spesso verso animali in difficoltà), vengono sempre ampiamente ripagati, offrendogli cioè gli strumenti necessari a superare le prove che gli vengono imposte.

Questo progetto di micro-forestazione, in conclusione, vuole essere a suo modo un atto di pietà verso la terra e verso quel tanto di fauna selvatica che ancora abita queste campagne, con l’auspicio che ciò possa produrre un più grande beneficio, compiendo così la sua magia.